Sevilla
Era di gennaio. Due mesi dopo ci avrebbero detto che viaggiare non era più possibile e che stare in casa non era più scelta, ma obbligo e necessità. E allora ci siamo sentiti fortunati a non aver rimandato ancora. Per questo, quando ripenso a Siviglia, sorrido: era inverno, ma me la ricordo calda. Siviglia bruciava nei volti degli uomini e delle donne che ballavano il flamenco per la strada, nei colori dei loro abiti, nel suono dei tacchi delle loro scarpe che battevano, a ritmo, a terra. Ma c’è tanto, troppo di più da dire di una città che sulla sua pelle ha inciso l’oriente e l’occidente, di una città che brilla sempre. Come la sua Torre che, dritta sul fiume, pare dire “Io sono pietra, ma splendo come oro”. È vero, non si può raccontare Siviglia in un minuto. Forse, però, può bastare per mostrare la sua anima.
Testo di Roberta Gurrieri